DEGUSTARE IL VINO II° PARTE

I tre esami che il degustatore di vino deve effettuare sono quello visivo, olfattivo e degustativo.

Esaminiamo adesso l’esame olfattivo.

L’esame olfattivo è molto importante perché nell’apparato nasale, collegato al cervello si riescono a decifrare i profumi (ovviamente devono essere dei profumi a noi noti). La verifica olfattiva ci permette di riconoscere i difetti (per esempio tappo, muffa di tappo, legno, anidride solforosa e tanti altri) ed i profumi che hanno corrispondenza alla zona di produzione, al vitigno, alla vinificazione, all’età del vino e quanto altro. Sentiamo i profumi perché ci sono delle sostanze (c.d. volatili) che evaporano dalle sostanze liquide nelle quali sono sciolte. Si tratta di almeno duecento sostanze odorose. Ci sono sostanze chimiche che determinano certi profumi. Per ragioni di semplicità sono state create delle famiglie di profumi quali per esempio gli speziati, i floreali, i fruttati, animali, frutti secchi e confetture, balsamici, eterei oltre a sentori diversi privi di famiglia quali per esempio il tabacco, la cassetta di medicine, burro ed altri.

I profumi possono essere di tre tipi.

I profumi primari che trovano origine dal vitigno (la rosa bianca per i traminer, e rosa rossa per il Brachetto, la pietra focaia per lo Cheblis cioè l’uvaggio Chardonnay, il kerosene per il Reasling, la pipi di gatto o foglia di ruta o foglia di pomodoro per il Sauvignon Blanc etc.)

I profumi secondari si formano prima e durante la fermentazione del vino e dopo la fermentazione con profumi di frutta, fiori e vegetali.

I profumi terziari sono quelli che si formano con il trascorrere del tempo con la maturazione e l’invecchiamento del vino e con la sua ossigenazione e cioè con la sua ossidazione. Sono questi i profumi dell’evoluzione che normalmente prendono il posto dei profumi primari e secondari.

Questi profumi danno al vino profumi per esempio tostati (caffè freddo e asfalto bagnato, goudron, etc. ) e speziati (liquirizia, pepe nero, zafferano per i souternes, etc.).

I profumi primari quindi derivano da uve aromatiche quali i traminer, moscati, brachetti ed altri. Ci sono poi uve parzialmente aromatiche quali lo chardonnay che ha profumi di ananas e banana; il sauvignon blanc che ha profumi di foglia di pomodoro, foglia di ruta e foglia di pesco; il lagrein che ha profumi di ciliegia marasca matura; il merlot ha profumi di erbaceo; il cabernet Sauvignon ha profumi di peperone verde ed altri.

Ci sono infine le uve non aromatiche che sono numerose quali ad esempio il Nerello Mascalese, Aglianico, Barbera, Verduzzo, Carignano e tanti altri.

A seconda della tipologia del vino si riconoscono diversi profumi a seconda che il vino sia giovane o meno giovane.

Nel vino bianco giovane si riconoscono profumi di frutta bianca (per esempio pesca) di fiori bianchi (per esempio biancospino, gelsomino) e gialli. Nel vino bianco maturo si riconoscono la frutta esotica (per esempio mango, papaia), frutta secca, spezie ed altri.

Il vino rosso giovane normalmente ha profumi di fiori rossi e di frutta rossa mentre il vino maturo ha profumi di frutta secca (per esempio la prugna secca per il Sangiovese ed il Barolo), di fiori rossi (quali la rosa rossa per certi grandi Sangiovese) di spezie, di animale etc.

I profumi arrivano alla nostra mucosa olfattiva ed al nostro cervello inspirando per via nasale e per via retronasale. In quest’ultimo caso si deglutisce il vino e si spingono i vapori dalla cavità orale a quella nasale. Sia l’esame nasale che quello retronasale rappresentano la persistenza olfattiva – gustativa e cioè per quanto tempo queste sensazioni rimangono presenti.

Più il vino, per questo aspetto, rimane presente e più è importante.

E’ rilevante come si esegue l’esame olfattivo. Di sicuro la prima fase è quella di avvicinare il naso al bicchiere senza rotearlo. Non ci deve essere un’inspirazione violenta ma deve essere gradevolmente lenta.

Una inspirazione violenta non permette di scandire i profumi.

Successivamente quando si ha l’impressione di non sentire profumi nuovi si ruota lentamente il bicchiere, in modo da far evaporare la superficie del vino e si inspira moderatamente per poi roteare il bicchiere in modo più deciso inspirando ripetutamente ma sempre lentamente.

La fase successiva è quella di bere e deglutire il vino e quindi espirare in modo da completare l’analisi gusto – olfattiva. Quando l’olfatto non percepisce nuovi profumi è opportuno sospendere l’operazione. Succede naturalmente che una volta sentito un profumo continuando l’esame olfattivo questo profumo non si sente più perché il nostro cervello passa ad esaminare i profumi successivi.

Solo nel caso in cui l’esame olfattivo venga interrotto, alla ripresa si ricominciano a sentire i profumi iniziali. E’ ovvio che preliminare a tutto è che i profumi siano a noi conosciuti. E’ impensabile sentire dei profumi che sentono altri se noi non li conosciamo e quindi non sono nella nostra memoria olfattiva.

Ovviamente nella valutazione dell’olfatto è importante analizzare l’intensità dei profumi, cioè quanto sono persistenti, la qualità degli stessi e cioè il loro grado di finezza e la loro descrizione cioè se il vino è vinoso (tipico profumo del vino giovanissimo), floreale, fruttato, pulito e speziato insieme.

Si dovrà tenere presente anche l’ampiezza e varietà dei profumi.

Può accadere che il vino abbia una varietà incredibile di profumi, ma che al gusto sia poco equilibrato e cioè abbia per esempio una massa alcoolica che travolge la freschezza.

Mi fa piacere adesso raccontare il mio percorso olfattivo tralasciando un po’ la didattica.

Se penso all’olfatto mi ricordo quando ero bambino, quando giravo per Livorno, mia città natale della costa Toscana, quando nelle giornate di libeccio e di tramontana mi recavo al mare ed in silenzio ascoltavo il rumore del mare ed odoravo lo iodio e la salsedine e mi leccavo le labbra salate, appagato dalle sensazioni piacevoli che provavo accompagnato solo dal fruscio del vento e dall’infrangersi del mare sugli scogli. Questo è uno dei tanti ricordi della mia infanzia. Quando in fine estate andavo in campagna, nel Pisano, a Ponsacco, mi capitava di masticare la carruba, leccare il ferro rugginoso delle reti di recinzione di un giardino, di sentire l’odore dell’erba tagliata, del fieno secco, dei pioppi, delle felci, della terra bagnata, dell’humus, delle foglie morte, della camomilla di campo, della nutella, della colla coccoina (latte di cocco e mandorla), dell’idrolitina. Potrei continuare a citare una miriade di profumi collegati alla mia infanzia.

Tutti noi potremmo citare tanti profumi e più genericamente odori positivi o negativi sentiti da sempre.

Sentiamo i profumi e quando li risentiamo magari non ci facciamo caso e non li notiamo, non li classifichiamo. Una volta quando non ero ancora appassionato, veramente, di vino ho conosciuto una persona che di professione faceva il “naso” come consulente per aziende che producono profumi. Non lo sapevo ma ci sono persone così sensibili olfattivamente che da un liquido riescono a trovare una miridade di profumi. Una premessa essenziale per identificare i profumi è che innanzitutto bisogna conoscerli. Se talvolta in un vino, per esempio, una persona trova dei profumi che noi non riscontriamo può essere che non li conosciamo come pure può essere che lo scopritore pensi a certi profumi e pensandoli riesca ad identificarli. Il nostro cervello, a dire dei medici, ha una capienza enorme e noi riusciamo a sfruttarla solo minimamente.

Non è facile identificare i profumi se non ci si esercita, è come avere il titolo di sommelier ed avere stappato poche bottiglie di vino. Il segreto di tutto è anche la pratica, l’esercizio. Quando viaggio sono abituato ad odorare il più possibile l’aria ed a dire quello che sento. Tempo fa sono stato nel deserto di Dubai in un’oasi in un resort, nel pieno rispetto della natura. Quello che vi dirò adesso ha dell’incredibile. Lo sapete quale odore prevalente sentivo nell’aria. Il tonno in scatola. Ho chiesto ad una dipendente del resort se aveva identificato quell’odore dirompente nell’aria e la stessa mi rispondeva dicendomi semplicemente che sentiva sempre un odore forte che attribuiva alla presenza degli animali della riserva protetta, dove il resort si trovava.

Potrei ricordare, quando ero ragazzo, l’odore di idrolitina che è una polvere che viene aggiunta all’acqua di fonte per farla diventare gassata. E’ un odore che non ho mai amato come neppure il bere l’acqua così trattata, ho sempre preferito l’acqua naturale.

Non è raro che io nel vino ci senta questo odore di idrolitina. A questo proposito mi ricordo in Piemonte, alla presentazione del Barbera d’Asti Superiore “Nizza” relativamente all’annata 2004, degustai in maniera bendata i 31 vini presenti per la degustazione e nel degustarli, come mia abitudine, esaminai i vini visivamente, olfattivamente e gustativamente, scrivendo tutte le note.

La sera alla cena che seguì la degustazione ero al tavolo dell’allora Presidente della denominazione “Nizza”, Gianluca Morino, il quale arrivò al tavolo, portandomi un bicchiere di vino, chiedendomi quale vino fosse tra quelli degustati la mattina, pensai: bella domanda! Ma non mi persi d’animo ed incominciai ad odorare il vino con calma ed il profumo preminente che trovai era proprio l’idrolitina, presi i miei appunti e trovai proprio un vino che aveva come caratteristica olfattiva, predominante, l’idrolitina, glielo indicai e mi disse che il vino che mi aveva portato era proprio quello.

Per esempio i francesi quando parlano di pelle sono enormemente generici perché la chiamano cuoio, ma se ci pensiamo bene ci sono vari tipi sia di pelle che di cuoio. Per esempio c’è la pelle di conceria che è olfattivamente molto forte, la pelle lavorata, pensate ad una giacca nuova, che è di pelle vegetale che è ingentilita e si avvicina all’odore piu dolce del cuoio, il cuoio fresco, peloso (quello di colore biondo), il cuoio stagionato, il cuoio anticato e la sella di cuoio. Questa mia sensibilità al cuoio deriva dal fatto che da ragazzo sono stato dei giorni a Santa Croce sull’Arno dove conobbi una ragazza della mia età di nome Betti ed andai con lei in giro per il paese di Santa Croce sull’Arno e ci recammo presso alcune concerie. Si trattava di una curiosità adolescenziale che però mi ha aiutato a fare una certa esperienza olfattiva. Questa ragazza ormai donna che non conoscevo per cognome l’ho ritrovata casualmente dopo 35 anni perché amica della mia cara amica Simona Paoli ed è stata lei a riconoscermi. E’ stata una grande gioia ricordare i giorni trascorsi insieme in giro per Santa Croce sull’Arno.

Potrei continuare a scrivere non so quanto sulle mie prime volte dei vari profumi.

Se pensiamo al tabacco non posso non avere presente la scatola di sigari, il tabacco da pipa Clan, il tabacco biondo della Virginia, il trinciato di sigaro toscano, quest’ultimo, era lo scarto dei sigari toscani che veniva venduto sfuso o in pacchetti e poteva essere di tipo leggero, medio o forte. Da bambino andavo spesso a trovare i miei nonni che avevano una tabaccheria e quei profumi sono rimasti memorizzati nella mia mente.

Pensate anche alla colla coccoina, alla colla Vinavil, alla mandorla, alla noce ed al latte di cocco, sapete quante volte sento questi profumi nel vino bianco, rosso e nelle bollicine? Un’infinità di volte!.

Relativamente alla banana: mi ricordo da bambino quando usci la banana Perugina, ne ero pazzo, sapete quanto volte mi capita di sentire nel vino la banana ricoperta di cioccolata?. Tantissime volte.

Molte volte nel vino si sente troppo la presenza del legno che copre le note fruttate e/o floreali.

Molti vini bianchi hanno sentori di vaniglia che coprono completamente il profumo del vino. La vaniglia come pure le note speziate di pepe, noce moscata e chiodi di garofano se non tipiche di un vitigno sono l’espressione del legno.

Avete mai sentito nel vino l’odore di buccia di arancia muffita? Il classico cono bianco che si forma sulla buccia. A me è capitato di sentirlo in vini importanti perché il legno è sicuramente nuovo, molto tostato anche se di pregio.

Parlando di bollicine ho ben presente un altro profumo: la banana, talvolta tipico profumo dello Chardonnay. Questa era la mia convinzione come tante altre, prima di leggere il libro “Il respiro del vino” del Professore Luigi Moio, libro che Vi suggerisco di leggere attentamente.

Se prendete un’azienda di Champagne come “Selosse” è importante leggere la retro etichetta ed in particolare quando il vino è stato degorgiato, perchè se è stato degorgiato da pochi mesi sentirete la banana verde, se è stato degorgiato da almeno un paio di anni sentirete la banana matura e se è stato degorgiato da più di tre anni sentirete la banana secca.

Ad aprile del 2009 sono stato a Bordeaux per l’anteprima dei vini di Bordeaux 2008, ero allo Château La Mission Haut Brion insieme all’enologo Jean Philippe Delmas, all’agronomo Pascal Baronti e ad una graziosa signora addetta alle pubbliche relazioni dello Château e nel degustare la Mission Haut Brion 2008 esordivo affermando che sentivo olfattivamente, nel vino, anche il cioccolato e la nocciolina tostata ed in particolare che ci sentivo la “Nutella”. A questa mia affermazione vedevo che la signora guardava con fare meravigliato i tecnici e me e tutti sorridevano compiaciuti a tale mia affermazione ed in particolare, la signora esclamava: “Nutellà c’est magnifique”.

Devo dire di avere incontrato spesso difficoltà nel degustare i vini insieme ad altri perché tempo addietro inizialmente le persone nel vedermi disinvolto e loquace nell’esprimere verbalmente le mie abbondanti sensazioni olfattive, pensavano che io fossi un mistificatore e che quindi bleffassi raccontando l’esistenza di profumi mai sentiti. La considerazione nei miei confronti è cambiata una volta che la persona mi ha conosciuto meglio ed ha verificato che non sono un mistificatore ma una persona che, evidentemente, ha una sensibilità olfattiva più marcata anche in virtù del mio continuo esercizio.

Mi sono trovato spesso a degustare vini con giornalisti che non mi conoscevano e che mi guardavano con sospetto e poi con il passare del tempo sono diventati cari amici, perché hanno capito la mia vera e genuina passione e sensibilità per il vino.

Mi ricordo di essere stato a novembre 2008 alla degustazione organizzata per i giornalisti sia nazionali che stranieri dal Consorzio Chianti Rufina in ordine ad alcuni vini vecchi di alcune aziende del Consorzio. Non facevo parte del gruppo dei relatori ma questi ultimi mi chiedevano ugualmente le mie impressioni su ogni vino appena degustato. E’ come invitare la lepre a correre perché per me è grande la gioia di poter esprimere ciò che sento anche emotivamente nella degustazione del vino. Erano presenti due giornalisti che intervenivano dicendo che in un vino stavano sentendo l’odore di una razza specifica di cavalli poiché erano stati da poco ad una manifestazione equina dove c’era esclusivamente quella razza di cavalli. Dopo poco veniva analizzato l’olfatto di un altro vino ed io intervenivo dicendo che ci sentivo anche il pelo di cane bagnato. A tale mia affermazione veniva fuori un brusio ed in particolare questi due simpatici giornalisti scherzando mi redarguivano dicendomi che ero generico e che dovevo specificare la razza del cane. La degustazione è andata oltre ed alla fine questi due simpatici giornalisti si presentavano e mi dicevano di chiamarsi Fede e Tinto e di avere un programma radiofonico su RAI 2 che si chiamava “Decanter” e che mi avrebbero contattato per invitarmi a tenere una degustazione di vino, alla radio. Dopo circa un mese venivo contattato per andare a Roma a tenere una degustazione di vino e ciò avveniva. La sera del giorno stabilito mi recavo presso la Rai, molto timidamente e non conscio di cosa avrei esattamente dovuto fare. Avrei dovuto parlare di vino e questo sicuramente non mi avrebbe creato problemi perché ci sono tante di quelle cose da dire sul vino, gli argomenti non mancano. Incontro Fede e Tito i quali mi dicono che dopo qualche minuto sarei entrato nella trasmissione radiofonica che era già in corso. Subito esclamai: cosa devo fare? Di cosa devo parlare? Mi sentivo rispondere: devi degustare questo vino toscano, il Cabreo il borgo, annata 1985, di Giovanni e Ambrogio Folonari. Questo vino è sempre stato da me amato. Mi chiedono di stappare la bottiglia, di versare il vino nel bicchiere e di incominciare a parlare dei profumi che sentivo nel vino. Subito incominciavo a stappare il vino ben sapendo che probabilmente viste alcune precedenti esperienze su quel vino, il tappo si sarebbe un po’ sbriciolato e ciò avvenne ma senza che i frammenti di sughero finissero nel vino. Dopo la mia presentazione mi fu dato il via all’olfatto, non ero emozionato per il pubblico che mi ascoltava ma per il vino che avevo davanti ed incominciai ad odorare il vino e subito a tradurre quello che percepivo. E’ stato come un fiume in piena che esce dagli argini, vedevo i due giornalisti che davanti a me mi incalzavano a dire, dire, dire ciò che sentivo, mi guardavano con piacere e mi invitavano a continuare a parlare ed a descrivere il vino. Credo di avere parlato di 30 o 40 profumi che io avevo sentito in questo splendido vino e anche dei profumi tipici che possono avere i vini con più di 20 anni di vita. La mia partecipazione è durata circa un’ora e mezzo durante la quale i conduttori hanno parlato anche di altri argomenti. Ovviamente dopo avere analizzato il vino olfattivamente ho proceduto anche all’analisi gustativa trovandolo corrispondente ai miei ricordi ed alle mie aspettative. Prima di andare in onda avevo telefonato al mio amico labronico Leo Damiani che mi aveva promesso di ascoltare la trasmissione insieme ad alcuni cari amici, durante la loro cena.

Terminata la trasmissione dopo gli affettuosi saluti di rito mi allontanavo dirigendomi verso l’albergo quando ricevevo una telefonata dall’amico Leo il quale mi chiedeva con tono tipicamente livornese, cioè scansonato: “Paolo quello che hai sentito nel vino era cuoio di sella o sella di cuoio?” ed a seguire ho sentito una grande risata di tutti i commensali che meravigliati dicevano: “ma tutti quei profumi entravano nel bicchiere?”. Non è facile capire cosa l’olfatto ci può raccontare. Non tutti lo possono capire.

Successivamente a questa trasmissione radiofonica ho ricevuto una lettera dal Professore Giuseppe Trabucchi, docente di diritto privato a Padova, proprietario di un’azienda vinicola a Illasi (VR) che produce ottimi vini. Non sto a scrivere gli apprezzamenti di stima che mi sono stati rivolti da questo insigne giurista, che ovviamente mi hanno riempito di gioia anche perché da studente universitario di giurisprudenza ho studiato diritto privato nel libro scritto da suo padre Alberto Trabucchi. Il mondo del vino può dare anche questo tipo di gioie.

L’olfatto è un senso di estrema importanza e nel mondo del vino è essenziale. Come ho già scritto con l’esame olfattivo è possibile identificare le principali caratteristiche di un vitigno, il suo terreno, le condizioni climatiche e lo stato evolutivo del vino.

Con l’olfatto, è bene ricordarlo, si può riconoscere, per esempio, la tipica rosa bianca presente nel vino Gewurztraminer, si possono capire le condizioni climatiche che hanno preceduto la vendemmia, per esempio quando il troppo caldo ha fatto evolvere la maturità delle uve facendo si che il vino abbia troppo il sentore di frutta matura; il terreno minerale fa sentire magari la ruggine; il sentire nel vino l’humus, le foglie morte, il cesto di selvaggina e la frutta secca ti fa pensare ad un vino rosso vecchio.

Chi non ha memoria olfattiva? Tutti l’abbiamo ma non tutti riusciamo a valorizzarla. Gli odori non sono un groviglio confuso ma una successione di sfumature che è importante distinguere.

L’olfatto ci deve servire non solo per sentire odori positivi ma anche quelli negativi.

Vi siete chiesti come mai all’apertura di una bottiglia di vino con tappo di sughero odora la parte di tappo che è stata a contatto con il vino? Già dall’esame olfattivo del tappo si può capire, non in modo assoluto, se il vino ha dei problemi oppure no. Talvolta il tappo odora di sughero e questa è la sentenza di morte del vino contenuto nella bottiglia, talvolta l’odore è di muffetta di sughero, talaltra un tappo dello stesso vino e annata ha sentori di prugna, cioccolata e ciliegia mentre l’altro tappo ha solo odore di liquirizia, questo significa che un vino si è più evoluto dell’altro. Mi è capitato a Reims ad una cena organizzata da Remy Krug di bere lo champagne Krug Collection 1981, in formato magnum, che era un caleidoscopio di profumi di frutta matura mentre un’altra bottiglia uguale aveva un naso caratterizzato solamente dalla pietra focaia, non sembrava di bere lo stesso champagne.

Purtroppo accade anche che il vino possa avere troppa presenza del legno e che quindi i profumi tipici del vitigno siano troppo celati dal legno utilizzato per l’invecchiamento. L’aspetto stupendo dell’esame olfattivo è quello di poter riconoscere il vino per le sue caratteristiche intrinseche.

Mi ricordo qualche anno fa di avere degustato un grande vino francese di Bordeaux, di Saint Emilion, lo Cheval Blanc 1995 e 1998, si trattava di due vini stupendi ma diversi, infatti il 1995 aveva più spiccata la nota fruttata, si sentiva benissimo la bella ciliegia ed infatti in quest’annata era stato utilizzato un pochino più del solito il merlot. Il 1998 invece aveva un’eleganza unica, il Cabernet Franc era in risalto sul merlot, i tannini setosi ed eleganti, una signorilità che poche volte si sente in un vino.

Sono passati degli anni da quando ho degustato questi due vini ma li ho scolpiti nella mia memoria, solo a parlarne mi tornano alla mente le emozioni che ho provato.

Non è un gioco quando si dice che il profumo ha il potere di imprimersi nella memoria anche con la sua carica sensuale. Non potrò mai dimenticare una degustazione bendata di tre vini bianchi, effettuata a Bordeaux presso lo Château Domaine de Chevalier, a Leognan, dal suo proprietario, Olivier Bernard insieme a tutti gli amici del Grand Jury Europeén. Olivier ci fece servire tre vini bianchi senza dirci la provenienza ma solamente che erano tre vini della stessa annata.

Queste sfide mi emozionano incredibilmente.

Iniziavo la degustazione con il primo bicchiere a sinistra e sentivo un profumo nitido di kerosene accompagnato dal miele, dal pepe bianco e da una travolgente e ricca grafite. Passavo al bicchiere accanto e sentivo delle note di un vino che anche quando invecchia mantiene i suoi tipici profumi, sentivo la vaniglia, la pasticceria, i fiori gialli, la grafite, un dolce boisé ed un travolgente zabaione, mi sembrava di essere davanti ad uno squisito pasticcino allo zabaione del quale vado pazzo. Il terzo vino era da brivido, il profumo dirompente era di tartufo bianco, sembrava di essere davanti ad uno scrigno pieno di profumatissimo tartufo bianco. Il percorso olfattivo dopo un po’ proseguiva con note di boisé, di fiori, di burro di nocciola, di iodio e di minerale.

Questo è stato l’esame olfattivo. Analizzavo poi il colore del vino e procedendo con l’esame gustativo il primo vino era di un giallo dorato con trame ambrate, quindi un vino piuttosto evoluto ed al gusto venivano confermate le note di kerosene e grafite mentre il corpo andava via un po’ velocemente. Si capiva che era un Riesling Alsaziano. Il secondo vino era di color giallo paglierino quindi di un colore giovanissimo ed anche il gusto portava a sostenere questo, infatti sulle mie note scrivevo “vino giovane!”, mi sembrava un Domaine de Chevalier.

Il terzo vino era di colore giallo oro intenso quindi meno evoluto del primo ma più evoluto del secondo. Il gusto confermava quasi completamente quanto avevo sentito olfattivamente, era un vino con un bel corpo ma superiore olfattivamente rispetto al gusto.

Fatte tutte queste analisi, venivo preso da un raptus e non curante di ciò che di sbagliato avrei potuto dire ad una platea di amici molto competenti, mi rivolsi a Olivier Bernard creando nella sala da pranzo un silenzio di curiosità ed esordii descrivendo le mie impressioni sui vini dopo avere detto che l’annata per tutti i vini era la 1989. Olivier mi guardò e replicò “1989 o 1999?” ed io gli risposi, senza indugio, che era la 1989 e che il primo vino era un Riesling Alsaziano, il secondo vino era il suo ed il terzo era un grande vino di Borgogna, con all’olfatto un tartufo bianco di incredibile piacevolezza. Detto questo ricevetti un inaspettato applauso da tutti perché la mia analisi rispondeva al vero.

Olivier mi precisava che il primo vino era il Riesling Alsaziano, Trimbach, Frederic Emile, 1989, il secondo era un Domaine de Chevalier 1989 ed il terzo era un Domaine Louis Cavillon, Bienvenue Batard Montrachet, 1989. Vi siete mai chiesti quale è il profumo che identifica l’odore dell’acqua di mare? Diversi anni fa mi trovavo in un’isola del mar dei Caraibi e facevo il bagno utilizzando una tavola da surf quando improvvisamente sentivo un forte odore di buccia di cocomero, mi guardo intorno e non vedo niente di particolare se non la testa di alcune tartarughe che facevano il bagno vicino a me. Dopo un po’ realizzavo, e di ciò nel tempo più volte ne ho avuto conferma che la buccia di cocomero come pure il melone bianco hanno lo stesso profumo dell’acqua di mare. Se odorate dei profumi che odorano di acqua di mare troverete conferma di quanto da me testimoniato. Tanti e poi tanti sarebbero i casi che potrei citare. Ne voglio ricordare uno in particolare, talvolta il merlot giovane ha il profumo di cassetto di medicine, oltre che di ciliegia che invece hanno tutti.

Talaltra capita di sentire al naso l’alcool e per fortuna poi il vino al gusto non ha pungenza di alcool. Molto spesso a bicchiere vuoto si sentono profumi diversi di quando nel bicchiere c’è ancora il vino. Un profumo che sento spesso con bicchiere vuoto dopo che c’è stato il vino rosso è il pomodoro secco.

Un profumo che viene giudicato negativamente se è presente anche al gusto è quello vegetale di geranio. Devo confessare però che il tempo ha smentito il mio giudizio. Tempo fa ho fatto una verticale (più annate dello stesso vino) del Domaine di Borgogna Yves Confuron esattamente il Vosne Romanée Premier Cru Les Suchots. Si tratta di un produttore che vendemmia le uve con i raspi.

Ho degustato i vini giovani e li ho sentiti con profumo e sapore di geranio, giudicandoli negativamente e poi ho sentito vini con 15 anni e più, erano buonissimi ed avevano perso completamente la nota verde, negativa del geranio. Mi è stato riferito che questo produttore vinifica sempre con i raspi e ciò lo ha sempre fatto. Ciò mi è successo anche bevendo il Corton del Domaine D.R.C. annata 2002, non mi piacque e le sei bottiglie che avevo acquistato le ho rivendute. Questi sono i misteri della degustazione.

Mi dicono che talvolta affinchè il vino perda il geranio è necessario aspettare circa 15 anni. E’ giusto attendere tutto questo tempo per bere un bicchiere di vino buono?

Ci sarebbe tanto e poi tanto da dire ancora sull’olfatto ma più che leggere è consigliabile stappare ed odorare e ovviamente bere il vino anche per trovare, come spesso succede, la rispondenza gustativa all’olfatto.

 

 

 

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