IN VACANZA IN COSTIERA AMALFITANA

Andando in vacanza in Campania, sulla splendida costiera Amalfitana, ho pensato di portare con me diverse copie dell’ultimo numero della rivista “Oinos”, che per l’appunto recava sulla copertina la foto della Signora Marisa Cuomo, proprietaria di una famosa azienda di vino della Costiera. Ho consegnato una copia della rivista ad albergatori, ristoratori e sommelier. Tante volte andiamo a giro per il mondo, alla ricerca di posti esotici con mari azzurri e trascuriamo le stupende realtà di casa nostra. La costiera Amalfitana è stupenda per i paesaggi, il mare e la ristorazione. Pensate che nella costiera amalfitana ci sono circa 26 ristoranti stellati Michelin. Non solo, ma, piano piano, girando e con il passa parola, si conoscono ristoranti con qualità e prezzi veramente interessanti.

Si incontrano cuochi di grande valore che amano, giustamente, dico io, esaltare il prodotto naturale. Cerchiamo tante volte l’impossibile, l’esasperazione della cucina, per poi ritornare, con entusiasmo e piacere, alla ricerca di piatti semplici e ben fatti, con materie prime di ottima qualità. Sulla costiera si trovano tanti stranieri che vi risiedono perchè hanno capito molto bene il valore del nostro patrimonio naturale, artistico ed enogastronomico. L’Italia potrebbe vivere valorizzando la sua natura ed il proprio patrimonio artistico e culturale. Capita, talvolta, di andare all’estero e pagare biglietti di ingresso “esosi” per vedere poco o niente che abbia interesse storico – artistico, di rilievo. Noi italiani abbiamo tanti e poi tanti beni che non lo sappiamo neppure noi quanto siano numerosi ed importanti.

La Campania è una regione stupenda mentre la costiera amalfitana è unica. La gentilezza delle persone è spontanea, naturale. Vivere o andare in vacanza in posti dove sei il benvenuto, dove la gentilezza è sovrana, è il massimo del piacere.

Molte volte capita, e per me è la regola, che andando in ferie mi necessitino alcuni giorni, prima di incominciare a mollare la presa mentale legata alle preoccupazioni del lavoro ed a sentirmi più spensierato. Tutto questo, quest’anno, andando in vacanza sulla costiera amalfitana, non mi è successo! Le mie ferie, sono iniziate subito, infatti non appena sono arrivato a Sorrento, all’Hotel Excelsior – Vittoria ho incominciato ad assaporare immediatamente, la vacanza, la spensieratezza ed il completo relax.

Voglio raccontarVi subito però di una mia esperienza negativa per poi passare a cose positive.

La penultima sera del mio piacevole peregrinare nella costiera Amalfitana mi sono recato, a Vico Equense, da Gennaro Esposito, al Ristorante “Torre del Saraceno”. La prenotazione mi era stata fatta dall’amico Vito Cinque, proprietario del bellissimo albergo “Il San Pietro di Positano”, senza che io lo volessi e lo avessi chiesto, avevano telefonato a Gennaro Esposito per “raccomandarmi” anche Fabio Ringo, importatore italiano di vini, Silvia Imparato, proprietaria dell’azienda vinicola Montevetrano e per finire, Maurizio Menichetti, proprietario del ristorante toscano “Caino” di Montemerano, che era stato al ristorante da Gennaro Esposito due giorni prima ed aveva bevuto, a suo dire, un eccelente vino bianco, il Trebbiano “Valentini”, annata 1982, che per lui era superiore a tanti vini francesi della denominazione “Montrachet”. Confesso che sono rimasto molto incuriosito a seguito di tale affermazione, essendo io un grande sostenitore dei vini di Borgogna. La sera fatidica mi reco, con mia moglie, da Gennaro Esposito, al suo ristorante di Vico Equense. Non appena arrivato mi presento e preciso di non essere un rompiscatole e che le telefonate fatte da comuni amici, per raccomandare la mia serata, erano state fatte di loro iniziativa, senza che io glielo avessi chiesto. Parlando con il Signor Esposito emergevano numerose amicizie enogastronomiche e giornalistiche, in comune. Ho chiesto a Gennaro che mi venissero serviti due piatti che mi erano stati consigliati da Silvia Imparato, ma lo stesso mi risponde: “trovo che sia opportuno viste le amicizie che abbiamo in comune, che Lei, anche perché è giornalista, si faccia un’idea della mia cucina, i due piatti che le sono stati suggeriti dalla comune amica Silvia, li assaggerà un’altra volta”. A tale risposta non potevo fare altro che dirgli: “faccia lei, sappia che io non amo il pesce con sapori forti”. Subito dopo compariva il sommelier che mi portava la carta dei vini e mi diceva che fuori carta e non so perché fuori carta, il perché l’ho capito dopo, c’era una bottiglia di Champagne Clos de Goisses di Philipponneat, annata 1996. Poiché avevo visto in altri ristoranti di zona quella bottiglia di champagne, in quell’annata, a prezzi a mio avviso “assurdi” ho preferito scegliere un ottimo spumante italiano, per me il migliore, e cioè il Giulio Ferrari, riserva del Fondatore, annata 2001. Chiedevo anche al sommelier di poter bere il Trebbiano d’Abruzzo Valentini in un annata non recentissima. Il sommelier di sua iniziativa mi proponeva un Valentini, anche questo “fuori carta”, annata 1982 senza, parlarmi di prezzo. A tale proposta rispondevo che quel vino era stato bevuto due sere prima dall’amico Maurizio Menichetti e chiedevo al sommelier, visto anche che io ero amico di tanti amici comuni, di portarlo.

Il sommelier apriva la bottiglia e il vino aveva sentori di tappo.

Lo stesso sommelier mi diceva di avere un’altra bottiglia, l’ultima, pertanto la portava al mio tavolo e l’apriva ed il vino non presentava difetti olfattivi. Ho invitato il sommelier dopo l’assaggio a servirsi per se ed incominciavo a degustare il vino ed a scrivere le mie note di degustazione.

La cena andava avanti con “porzioni a boccone”, cioè un boccone ed il piatto era vuoto. Seguivano diverse portate, tutte piacevoli, con sapori molto intensi, per me quasi esasperati.

Si è trattato, per me, di una “nouvelle cousine”, con sapori della tradizione.

Personalmente preferisco avere meno portate, ma un po’ più generose, che una miriade di portate che poi ti confondono il palato e lo stomaco. Durante la cena, gentilmente, il Signor Esposito compariva, più volte, al nostro tavolo e riceveva, da parte mia e di mia moglie, diversi complimenti per il gusto che rilasciava il cibo.

Il sommelier continuava, diligentemente, a servirci il vino e gli facevo presente che olfattivamente il vino era molto espressivo mentre al gusto lo sentivo molto in discesa. Il sommelier conveniva di ciò con me e mi diceva che la bottiglia aperta a Maurizio Menichetti era stata di qualità superiore. Finita la cena il Signor Esposito si siedeva al tavolo con noi e faceva accomodare, ad un tavolo davanti a noi, due signori gentilissimi e cordiali, non giovanissimi, che si erano sposati il giorno prima ed insieme abbiamo iniziato una piacevole conversazione enogastronomica. Dopo circa mezzora, visto che erano le due del mattino e che ci aspettava circa un’ora di auto per tornare all’albergo, chiedevo il conto al sommelier il quale me lo porgeva scritto su un foglio anonimo, con indicato il prezzo del vino “Valentini” con una cifra di cinque volte superiore a quella massima indicata nella carta dei vini per un’annata degli anni 2000. Confesso che qualche giorno prima al ristorante “Don Alfonso” a Sant’Agata dei due Golfi, avevo bevuto due vini strepitosi, un vino austriaco di uvaggio Gruner Veltliner, Prag 2008, ed un bordeaux bianco, il Domaine de Chevalier annata 1989, entrambi a meno del 50% del prezzo del solo “Valentini”. Il Gruner Veltliner è, per me, un vino bianco magico. E’ un vino che ha le caratteristiche dello Chardonnay di Borgogna, con note di nocciolina tostata, fruttate, agrumate e floreali e con note di Kerosene, tipiche del Reasling Alsaziano. Inoltre questo vino ha una mineralità e sapidità incredibili. Se vi leccate le labbra, dopo averlo bevuto, vi sembra di esservele bagnate con l’acqua di mare. Qusto vino incomincia a dare il meglio di se con almeno cinque anni di invecchiamento. Il Domaine Chevalier bianco 1989 era ancora incredibilmente giovane con note un pochino più mature rispetto a cinque anni prima quando lo avevo degustato per la prima volta, alla cieca insieme a due altri vini francesi, presso lo Château insieme al suo proprietario Olivier Bernard ed altri amici del Grand Jury Européen, dicendo che si trattava del 1989. Era un vino incredibilmente giovane con note vanigliate di pasticceria, di fiori gialli, di grafite e di zabaione, con al gusto una spalla acida incredibile.

Il sommelier del ristorante Don Alfonso, a fine serata, si è complimentato con me, dicendomi: “Lei ha saputo scegliere due grandi vini, perché non ritorna più spesso?. Tutto questo mi ha lusingato, anche perché realmente avevo bevuto molto bene.

Vi ho raccontato questo per farvi capire che non ci si può mai fidare, neppure di un ristorante con due stelle Michelin e “nonostante tante telefonate e tanti amici in comune”.

Mi chiedo cosa mi sarebbe successo se ci fossi andato da anonimo!

Il prezzo della bottiglia è stato assurdo e comunque la grande scorrettezza è stata quella di propormi un vino fuori carta. Per esattezza, il sommelier mi ha offerto due vini “fuori carta”, senza mai dirmene il prezzo.

Mi sono sentito, per alcuni giorni, lo confesso, un cretino, alla luce del fatto anche che mia moglie durante la notte della cena non è stata bene di stomaco. Forse è stata una coincidenza. Una cosa è certa, io in quel ristorante non ci tornerò mai più!

Questa è stata solo una mia “esperienza” ma la Campania è una regione stupenda. In passato alcuni anni fa avevo conosciuto una realtà enogastronomica abbastanza agli albori. Qualche anno fa ero stato a cena al Ristorante “Don Alfonso”, a Vico Equense, quando aveva ottenuto le 3 stelle Michelin ed era considerato non solo tra i primi cinque ristoranti italiani più importanti, ma rappresentava un’alba luminosa ed un orgoglio non solo di tutta la ristorazione campana ma di tutta la ristorazione dell’Italia del sud. A distanza di pochi anni lo scenario enogastronomico si è ampliato positivamente, in un modo incredibile.

Sono nate nuove aziende vinicole, è migliorata tantissimo la qualità dei vini che già esistevano. Nel campo della ristorazione c’è stato e c’è tuttora una ricerca della materia prima. Ho conosciuto giovani ristoratori pieni di desiderio di fare, di migliorarsi, che stanno ottenendo grandi soddisfazioni.

Sulla costiera Amalfitana si possono trovare ristoranti più o meno cari, ma vi assicuro che ci sono anche ristoratori che danno cibi di grande qualità a prezzi abbordabili e con un giusto ricarico sui prezzi dei vini.

C’è un Osteria a Sant’Agata dei due Golfi, “lo Stuzzichino”, il cui proprietario si chiama Mimmo e vi fa pranzare, vino ottimo, compreso, dall’antipasto al caffè, dove spendi al massimo € 40,00.- a persona, facendovi stare benissimo, con cucina genuina, e di ottima qualità. A Praiano c’è un altro ristorante che è sul bordo del mare, che si chiama “La Praia”, ed il nome del suo proprietario è Armandino, dove si viene accolti festosamente e con simpatia, dove si mangiano cibi genuini, semplici, ma di grande piacevolezza ed a prezzi giusti.

Nel mio girovagare sono stato al ristorante “il Faro di Capo D’Orso” dove c’è una vista mozzafiato, vi consiglio di andarci di giorno. Il pesce è fresco e cucinato in modo piacevole. L’accoglienza è di buon livello, mentre la carta dei vini, per me andrebbe un po’ rivista, nonostante che la cantina sia ben fornita.

Altro ristorante piacevole è a Cetara “L’Acqua pazza” dove è possibile mangiare tra l’altro, un buonissimo pesce azzurro, gli spaghetti con colatura d’alici locali e la bottarga. Il locale è carino ma è consigliabile mangiare sotto il piccolo loggiato, perché d’estate è più piacevole. Gentilezza e servizio non difettano. Carta dei vini discreta.

Ad Amalfi c’è un ristorante in pieno centro con terrazza sul corso del paese che si chiama “da Gemma”, dove ho mangiato un ottimo risotto con gamberi e limone e dove ho bevuto un vino locale il “Le Serole 2010”, un vino bianco abbastanza strutturato ed abbastanza piacevole. Carta dei vini discreta. Posto in generale piacevole. A Positano sono stato più volte al Ristorante “La Taverna del Leone”, locale con pareti bianche splendenti, pulitissimo, con piatti tipici, prezzi giusti e ottima qualità del cibo. Mi ha colpito il passato di fagioli con pasta e cozze. Piatto notevole!

Se andate a Vico Equense vi consiglio il Ristorante “da Gigino – pizza a metro”. E’ un locale storico risalente agli anni settanta dove ti servono la pizza che vuoi, a misura. La pizza è buona, è un locale senza pretese ma da provare.

Se cercate un ristorante con vista mozzafiato vi consiglio “Il San Pietro di Positano”, posizionato su una suggestiva terrazza a picco sul mare. La sera con la luna vedi la luce argentata che si riflette in mare, l’ambiente è da favola, unico. Si mangia bene in modo tradizionale e la carta dei vini è fornitissima. Il sommelier si chiama Salvatore ed è persona competente ed appassionata. Qui fanno anche una pizza da sogno, la migliore di Positano.

Come ho già accennato a Sant’Agata dei due Golfi c’è il ristorante “Don Alfonso” dove ho mangiato un uovo in camicia con tartufo nero, stupendo. L’accoglienza è indiscutibile come pure il servizio e la cantina. La cucina è piacevole, piuttosto classica. La cantina è gestita da un bravo sommelier persona di grande esperienza e la carta dei vini insieme a quella del Ristorante “La Sponda dell’Hotel Sireneuse” è tra le più fornite della Costiera Amalfitana.

E’ un’esperienza da non lasciarsi sfuggire. Per compensare la spesa della cena poi si va allo “Stuzzichino da Mimmo” dove si mangia più semplice, ma bene.

Altro ristorante magico è “La Sponda” dell’Hotel Le Sireneuse dove si cena in terrazza vista mare – spiaggia di Positano. Quando sono arrivato il maitre mi è venuto incontro e mi ha detto: “noi ci conosciamo, lei è venuto da noi dodici anni fa”. A tale affermazione sono rimasto a bocca aperta, ci ha fatto accomodare ad un tavolo affacciato sul mare, ci è venuto incontro il cameriere ed anche lui mi ha detto: “ben tornato”, mentre il sommelier, ragazzo giovanissimo di nome Cristian è venuto a stringermi la mano ed ha portato a me ed a mia moglie due bicchieri di champagne, offerti dall’amico Fabio Ringo, importatore bresciano di vini, che mi aveva prenotato la cena telefonando al sommelier. Ho passato una piacevolissima serata, coccolato da tutto il gentilissimo personale. Ricordo due piatti incredibilmente buoni, il riso ai pomodori (sei tipi diversi) con cottura, per me perfetta, ed un dolce alla cioccolata strepitoso, accompagnato da uno stupendo vino francese un Banyuls, Domaine de la Rectoire, 2008, gentilmente offertoci da Cristian, che si accompagnava perfettamente al dolce. La carta dei vini era molto fornita.

Un giorno sono stato invitato dall’amico fiorentino Simone Giorgi, direttore generale dell’Hotel J.K. Palace Capri, albergo che si affaccia sullo splendido porticciolo di Capri.

Si tratta di un piccolo hotel 5 stelle lusso, con circa 22 camere. Sembra di stare in una villa privata, e se chiudo gli occhi mi sembra di esserci ora. Il ristorante è su una terrazza, vista mare, mozzafiato. Lo chef è un ragazzo giovane Eduardo Estatico, pieno di entusiasmo e di voglia di fare che ha ideato piatti gustosi nel pieno rispetto della tradizione, ma con un tocco di modernità di esecuzione.

Mi è stato servito: un calamaro in casseruola con pomodoro del Piennolo, capperi di salina e olive nere; polpetta di manzo con ragoût classico napoletano e provolone Del Monaco; mezzo pacchero di Gerardo di Nola al cacio pepe e pera; cubi di vitello in crosta di provolone Del Monaco, rosmarino e pepe rosa con melanzane sott’olio, per finire col cucciolone di pastiera napoletana. Ho consumato il pasto bevendo un vino rosso campano, il Costa d’Amalfi Furore, rosso 2009, di Marisa Cuomo, servito a 15 gradi, a causa del caldo ambientale, era perfetto, equilibrato e piacevole.

A Marina di Nerano ci sono tre ristoranti importanti tra cui “Tonino quattro passi”, personaggio unico, verace. Il ristorante è modernissimo, originale, direi unico. Il cibo è ottimo e la carta dei vini è nutritissima. Ricordo di avere mangiato tra le altre pietanze uno spaghetto alle vongole e cozze cotto nell’acqua dove sono state aperte le vongole, era un piatto eccezionale. La cucina di questo ristorante è verace fatta con materie prime di alta selezione.

Desidero citare un ultimo ristorante che è quello all’internoj dello Yacht – Club di Marina di Stabia. Questo ristorante mi era stato consigliato da un collega avvocato di Napoli tramite un comune amico, il solito Fabio Ringo. Viene effettuata la prenotazione e la sera fissata che era l’ultima del mio girovagare sulla costiera Amalfitana. Questo ristorante è la versione estiva del ristorante “Antica Osteria Nonna Rosa” di Vico Equense. Mi sono diretto verso Marina di Stabia, nel tardo pomeriggio, e sinceramente una volta arrivato nei pressi del porto sono stato tentato di tornare indietro annullando la mia prenotazione poiché a giro ho visto un ambiente degradato. Finalmente sono entrato dentro lo Yacht – Club, posto stupendeo, barche bellissime, struttura inaugurata da poco.

Riesco a trovare il ristorante che mi dicono essere riservato solo ai soci ad eccezione di qualche evento organizzato dal ristorante, anche per non soci. Veniamo ricevuti da un giovane, di nome Antonio Indovino, che si qualifica come aiuto sommelier in quanto il sommelier era assente e si scusava di ciò.

Ci viene offerto il benvenuto: “alici all’Amalfitana ripiene di provola e basilico, panate e fritte, servite su salsa di peperoni arrosto”.

Di primo ordiniamo spaghetti con “lupini di mare” (piccole vongole) pomodorini “datterini” arrosto, cacio e pepe. E’ stato un piatto gustosissimo.

Si presenta in sala lo chef Mario Cinque, aiuto chef nel ristorante invernale, al quale facciamo i nostri complimenti e lui ci propone un altro primo che ci vuole offrire che era un riso all’acqua di pomodoro (distillato di pomodoro ottenuto per separazione gravitazionale dell’acqua vegetativa del pomodoro rispetto alla polpa, mediante l’uso di teli di cotone) su pesto di basilico e noci. E’ stato un piatto unico per la sua tipologia e piacevolezza, non avevo mai mangiato, prima di allora, un piatto cucinato con il distillato di pomodori. Lo chef ci spiegava la lunghezza temporale di tale distillazione.

Di secondo piatto abbiamo scelto il “calamaro arrosto passato al pan bioche, servito su carpaccio di pomodori cuore di bue (varietà tipica della penisola sorrentina) conditi con filo d’olio, pizzico di sale ed origano”. Anche questo piatto ci ha stupiti per la sua piacevolezza. Per dessert, come se avessimo mangiato poco, ci sono stati serviti: “crostata di fichi e noci caramellate”, “millefoglie con crema pasticcera e amarene sciroppate” e poi omaggio dello chef, “zeppole di pasta di patate, aromatizzate con buccette di agrumi e fritte, panate con zucchero e cannella”. Si è trattato di tre dolci, uno migliore dell’altro. Non ho ancora detto che durante la cena ho bevuto il vino rosso campano, il “Terra di Lavoro” dell’Azienda Galardi annata 2008. Vino incredibile per struttura, profumi e tannini setosi. Il profumo prevalente era la pietra lavica, che lo caratterizza in modo unico mentre i tannini erano setosi.

Questo pasto come quello consumato al J.K di Capri sono stati indubbiamente i migliori per la loro piacevole completezza cioè lo sono stati dall’antipasto al dessert. Quello che mi ha colpito sono stati i colloqui avuti con lo chef Mario Cinque dello Yach – Club e con Eduardo Estatico del J.K. di Capri, entrambi persone semplici e umili, perché sono consapevoli che non si finisce mai d’imparare, che cercano, con la qualità delle materie prime, di creare piatti veri, non artificiali (chimici).

Il segreto per loro è il sapere valorizzare ed armonizzare tra loro le materie prime, scelte con quasi maniacale attenzione. Entrambi gli chef dedicano grande parte della loro vita all’arte di cucinare, senza alcuna ombra di sacrificio ma mossi dall’amore e dalla passione per quello che fanno.

Permettetemi di concludere sottolineando che l’Italia è bella che gli italiani sono persone di ingegno, abilità ed intelligenza. Siamo un grande paese, nonostante che la politica ci voglia distruggere completamente.

La Campania è una terra di grande possibilità e la sua cucina ne è la testimone.

Dato che ero in zona ho pensato di telefonare a Silvia Imparato titolare dell’Azienda Montevetrano per chiederle di potere fare una verticale del suo vino.

Era tanto tempo che desideravo fare una verticale (più annate dello stesso vino) del vino Montevetrano, azienda che si trova a San Cipriano Piacentino, vicino a Salerno.

Ho conosciuto il Montevetrano all’inizio del mio, serio, approccio al mondo del vino e ciò è avvenuto quando Marcello Crini che era proprietario del ristorante “Il salotto del Chianti” a Mercatale Val di Pesa, vicino a Firenze, ristorante che aveva una stella Michelin, organizzò una serata con degustazione di vini e cena, in onore del Dott. Riccardo Cotarella, enologo italiano, di fama mondiale. Durante l’evento vennero presentati diversi suoi vini tra cui il “Montevetrano” ed il “Terra di Lavoro”, entrambi vini campani, dell’annata 1997. Silvia non era presente mentre c’era, ovviamente, Riccardo Cotarella.

Eravamo una trentina di persone tra cui diversi giornalisti. Ricordo bene che i vini che mi piacquero più degli altri furono il Montevetrano ed il Terra di Lavoro, ma tra questi due, reputai che in quel momento il Montevetrano fosse più facile e più pronto a bersi. Daniel Thomases, giornalista americano che vive a Firenze da molti anni, che era presente alla serata, quando dissi ciò che pensavo su questi due vini, senza guardarmi, scosse la testa in segno di disappunto, poiché pensava che il Terra di Lavoro fosse superiore al Montevetrano, mentre Riccardo Cotarella mi disse: “riferirò a Silvia quello che hai detto e sicuramente ne avrà molto piacere”.

Questo è stato il mio primo incontro con il Montevetrano ed anno dopo anno lo seguo con grande interesse, come seguo con grande interesse anche il Terra di Lavoro.

Ho incontrato, successivamente, Silvia Imparato ad una presentazione di vari vini tra cui il suo che in quella occasione mi ha ringraziato per quanto avevo detto a Riccardo. Da quel momento, tutte le volte che incontro Silvia, mi invita ad andare nella sua azienda a fare una verticale dei suoi vini. Non ero mai andato da lei fino ad oggi, non per cattiva volontà, ma per mancanza di tempo. Molte sono le aziende che, gentilmente, mi fanno inviti in tal senso, ma il tempo a mia disposizione non mi permette di potere andare da tutte.

Così il 26 agosto ho contattato l’azienda, perché riapriva quel giorno dopo le ferie estive, e sono riuscito a parlare con Silvia, la quale con la sua consueta squisita gentilezza e dolcezza mi chiedeva di andarla a trovare, per passare una giornata insieme e degustare, con tranquillità, alcune annate dei suoi vini. Silvia mi suggeriva di prendere l’aliscafo a Positano ed arrivare a Salerno, poi sarebbe venuta lei a prendermi, con l’auto, al porto, visto che l’azienda è distante a 15 minuti di auto. Così facevo, godendomi il vento, durante il mio trasferimento in aliscafo, dato che la giornata era piuttosto calda. Giunto al porto di Salerno venivo accompagnato, in auto, in azienda dove trovavo due giovani e simpatici giornalisti americani che avrebbero fatto la degustazione dei vini con noi, dicendomi di conoscere il mio sito web e di avere letto alcuni dei miei articoli pubblicati anche in lingua inglese. L’azienda si trova a circa 20 Km dal centro di Salerno, ed è ad un’altitudine di 130 metri s.l.m. La proprietà si estende per 26 ettari, ma solamente 6 ettari sono vitati. La proprietà fu acquistata dai nonni di Silvia negli anni ’40. I nonni producevano frutta, nocciole, vino ed olio, per uso familiare. I terreni coltivati a vite sono di varia consistenza. Per esempio dove è stato piantato il merlot c’è più argilla e così via via a seconda della tipologia del terreno cambia il vitigno coltivato.

Nel 1991, il primo anno di produzione di questo vino, vennero prodotte pochissime bottiglie, solo per gli amici. Il vino era composto per il 70% da Cabernet Sauvignon e il 30% da Aglianico.

La stessa cosa avvenne per il 1992, mentre la vendita dei vini avvenne con l’annata 1993. Le bottiglie annue prodotte sono circa 30.000 e l’uvaggio fino al 2005 è stato per il 60% Cabernet Sauvignon, per il 30% Merlot e per il 10% Aglianico. Con l’annata 2011 è stato messo in commercio il vino “CORE”, 100% Aglianico, produzione 11.000 bottiglie. Si tratta di un vino di facile beva, piacevole, non particolarmente strutturato ed impegnativo come il Montevetrano.

Silvia ad un certo punto della sua vita ha deciso di abbandonare il proprio brillante lavoro di fotografa in Roma ed ha gettato la sfida, a se stessa, di prendere in mano l’azienda dei nonni, con l’intenzione di fare un grande vino rosso e per fare ciò si è fatta assistere, da sempre per la parte enologica, da Riccardo Cotarella ed entrambi hanno iniziato questo cammino, non certo facile, che li ha portati ad avere continui riconoscimenti, ma più che altro insieme sono riusciti a fare un vino campano che rappresenta un fiore all’occhiello dell’enologia italiana.

Silvia ha trasmesso al vino tutta la sua semplicità, piacevolezza e charme, creando un vino unico, ricco, con note fruttate e talvolta anche con note floreali.

Ma veniamo alla degustazione. Questa verticale è stata la prima da me fatta da quando conosco questo vino. Le annate degustate sono state: 1999, 2001, 2004, 2005, 2009, 2010 e 2011.

Mi auguro in futuro di potere fare una verticale completa di tutte le annate per avere un quadro generale di tutta la produzione succedutasi nel tempo.

Sono un sostenitore delle verticali perché ti permettono di conoscere, in modo approfondito, l’azienda ed il suo vino.

Quando Silvia mi ha chiesto quali annate volessi degustare non ho avuto il coraggio di dirle: “tutte le annate” e mi sono limitato a dirle: “vedi te, almeno sette annate” e così è stato.

I due giornalisti americani presenti alla degustazione parlavano con Silvia e Gaia, la figlia di Silvia, temevano di disturbarmi con il loro parlare. Li ho tranquillizzati facendogli presente che durante la degustazione le mie orecchie si chiudono, come le chiusure dei sottomarini, durante l’immersione.

Mentre degustavo l’annata 2004 mi rivolgevo a Silvia dicendole che sentivo all’olfatto note intense di tabacco da pipa dolce, contenente frutta candita (ciliegie e prugne). A tale mia affermazione Silvia mi guardava e rimaneva senza parole, visibilmente emozionata e mi diceva che ero il primo a dire ciò, dopo che lei, tempo addietro, aveva degustato il 2004 con amici ed aveva sentito olfattivamente il tabacco da pipa dolce, ma quando aveva esternato queste sue sensazioni olfattive si era vista, amichevolmente, deridere dagli amici che non avevano ravvisato tali sentori.

Ciò che io le avevo detto aveva confermato ciò che anche lei aveva sentito con gli amici e tutto questo ovviamente confermava le sue capacità olfattive.

Capita molte volte che uno abbia più capacità olfattive di altri e per molti ciò possa apparire impossibile. Nella mia esperienza di degustatore, in passato, mi è capitato di essere considerato un farneticatore perché mentre una persona sentiva a malapena un profumo io in contemporanea sentivo e dicevo di sentire molti profumi.

Penso che adesso sia il caso che io incominci a parlare della stupenda e piacevole verticale del vino “Montevetrano”.

Per quanto riguarda la larghezza del tannino è importante che faccia le precisazioni che seguono affinché possa essere compresa. Io sento il tannino del vino sulla gengiva superiore. La totale larghezza del tannino è 6/6, cioè tutta la larghezza della gengiva superiore. Ovviamente se il tannino è meno largo potrà essere per esempio 5/6 e così via. La larghezza del tannino è importante quando la qualità dello stesso è di buono o alto livello. Più il tannino è largo, più il vino è degno di attenzione, ma il tannino come ho precisato deve essere in ogni caso di buona qualità.

Le note di degustazione integrali possono essere consultate previa registrazione e successivo abbonamento.

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MONTEVETRANO annata 1999

(uvaggio: Cabernet Sauvignon, Merlot e Aglianico)

Rosso granato con bordo aranciato.

Naso immediato di caffè freddo, pepe nero, noce moscata, menta, eucalipto, ruggine, alloro, rosmarino, liquirizia, affumicato, pietra lavica, pietra focaia, cioccolata, lieve, polvere da sparo, lieve, ciliegia marasca, cassis, sella di cuoio, boisè, lieve, per terminare con piacevoli pennellate floreali, di viola.

Al gusto è un tripudio di piacevolezza con il tartufo nero che fa da primo attore. Vino sapido e minerale.

Bocca fresca ed equilibrata, con corpo medio e con massa alcoolica in sottotono, grazie anche al tannino che è dolce, vellutato ed abbastanza largo (5/6-). Lunga è la sua persistenza aromatica intensa con finale di cioccolata e prugna lievemente acerba.

Vino piacevole con naso ricco e vario.

Mi ha meravigliato un po’di sentire al gusto una nota fruttata lievemente acerba.

92/100

 

MONTEVETRANO   annata 2001

(uvaggio: Cabernet Sauvignon, Merlot e Aglianico)

Veste rosso granato con bordo aranciato.

All’inizio dell’esame olfattivo percepisco un profumo terziario di trielina che poi si trasforma in smalto di vernice e mano a mano che il vino prende ossigeno si godono profumi di ciliegia marasca, terra bagnata, cuoio anticato, cioccolata, melone bianco (è il vero profumo dell’acqua di mare “pulita”), menta, eucalipto, rosmarino, pepe nero, noce moscata, alloro, amido per stirare (appretto), prugna, iuta, per terminare con intensi rimandi di cioccolata.

L’approccio gustativo è molto piacevole.

Vino con corpo medio, ben equilibrato grazie alla spalla acida ed al tannino che è dolce, largo (5/6 +), inizialmente setoso e poi nel finale si asciuga lievemente, che sovrastano la massa alcoolica.

Lunga è la sua persistenza aromatica intensa con finale di prugna, ciliegia e cioccolata.

Ho trovato questo 2001 superiore, al gusto, rispetto al 1999.

93/100

 

MONTEVETRANO annata 2004

(uvaggio: Cabernet Sauvignon, Merlot e Aglianico)

Robe rosso granato intenso.

Profumi intensi e vari, prorompenti di ruggine, liquirizia, paglia, pepe nero, noce moscata, menta, eucalipto, cuoio invecchiato. Il percorso olfattivo prosegue con note erbacee, lievi, amido per stirare (appretto), intense, rosmarino, cioccolata, intense, gambo di ciclamino spezzato (per l’acidità), ciliegia marasca, iuta, per terminare con entusiasmanti e piacevoli sentori di tabacco da pipa con ciliegia e prugna essiccata.

Al palato svela una struttura decisa vestita di mineralità e sapidità.

Vino ben equilibrato con massa alcoolica che soggiace alla guida della spalla acida e del tannino che è dolce, setoso che inizialmente è fine e prende lentamente più spessore. Nel finale il tannino da una sensazione lieve di bruciore sulla gengiva superiore. Tannino eclettico!

Lunga è la sua persistenza aromatica intensa con finalissimo dolce del tabacco da pipa.

Nelle mie note ho scritto: “Bella beva!”.

93/100

 

MONTEVETRANO annata 2005

(uvaggio: Cabernet Sauvignon, Merlot e Aglianico)

Bel rosso granato.

L’incontro olfattivo evidenzia da subito una lieve nota vegetale di geranio.

Seguono menta, eucalipto, amido per stirare (appretto), caffè freddo, lieve, confettura di ciliegia marasca, pomodoro secco, per terminare con piacevoli sentori di tabacco dolce da pipa, con frutta essiccata di ciliegia e prugna (ricorda il 2004).

Al gusto il vino è equilibrato cioè le sostanze dure (freschezza e tannino) sovrastano le sostanze morbide (zuccheri, alcooli e polialcooli). Il tannino è dolce, abbastanza largo (4/6), inizialmente setoso per poi asciugarsi un po’ nel finale. Vino con struttura appena sufficiente.

Abbastanza lunga è la sua persistenza aromatica intensa con finale dolce che ricorda il tabacco da pipa sentito all’olfatto.

Per fortuna la nota di geranio non si è sentita al gusto.

Ricordo che in generale l’annata 2005 ha dato vini profumati, ma con non tanta struttura e persistenza gustativa.

89/100

 

MONTEVETRANO annata 2009

(uvaggio: Cabernet Sauvignon, Merlot e Aglianico)

Bel rosso rubino.

Si concede aromaticamente con sentori iniziali di smalto di vernice, lievi ed amido per stirare (appretto), per poi aprirsi a note di menta, eucalipto, ciliegia, leggermente confit, iuta, prugna, tabacco da pipa con frutta essiccata, inchiostro di china, lieve, liquirizia, per terminare con soffi fumé (tizzone del legno spento).

Al gusto dona grande piacevolezza, sfoggiando una bella struttura vestita di prugna.

Il corpo è medio. Vino equilibrato con sensazione calorica impercettibile, magistralmente superata dalla spalla acida e dal tannino che è dolce, largo (5/6+), inizialmente setoso per poi nel finale lasciare una lieve sensazione calorica sulla gengiva superiore.

Lunga è la sua persistenza aromatica intensa, con finale di prugna succosa ed iuta.

Mi ha colpito molto la struttura del vino e la prugna sentita al gusto.

Sono stato incerto se dare a questo vino 92/100 o 93/100, ma ha prevalso la seconda valutazione.

93/100

 

MONTEVETRANO annata 2010

(uvaggio: Cabernet Sauvignon, Merlot e Aglianico)

Colore rosso rubino intenso.

Naso intenso e vario con iniziale sentore che mi ha ricordato l’idrolitina (polvere che si metteva nell’acqua naturale per renderla effervescente). I profumi s’innalzano verso il naso e li identifico in ruggine, ciliegia marasca, viola, intensa, cioccolata e prugna, intense, pepe nero, noce moscata, lievi, amido per stirare, (appretto), guscio duro della mandorla, note vegetali lievi, per terminare con rimandi dolci di tabacco da pipa.

Al gusto è un tripudio di piacevolezza con sentori di prugna fresca. Vino ben equilibrato, con corpo medio e note minerali e sapide. Il tannino è dolce, setoso e largo (5/6 +).

Lunga è la sua persistenza aromatica intensa con finale di prugna fresca e cioccolata bianca e con finalissimo di guscio di mandorla.

Bel vino! Fino a qui il migliore della verticale.

95/100

 

MONTEVETRANO annata 2011

(uvaggio: Cabernet Sauvignon, Merlot e Aglianico)

Veste rosso rubino con trame granato.

Al naso svela la sua piacevolezza con profumi di incenso, lampone maturo, menta, eucalipto, fumè (tizzone del legno spento), prugna, rosmarino, cassis, ciliegia, ruggine, latte di cocco, cioccolato e tabacco da pipa con prugna e ciliegia essiccate, per terminare con soffi dolci e garbati di confetto (bon bon del matrimonio).

Al gusto è sorprendente, ha un equilibrio perfetto con un tannino strutturato, dolce, setoso e largo (6/6 – -) che aiuta la vena fresca a sovrastare, senza titubanza, la massa alcoolica.

Vino dotato di struttura media e piacevole mineralità e sapidità.

Lunga è la sua persistenza aromatica intensa con finale di prugna in fase di maturazione. Per me questo vino è il migliore di questa verticale. Anche nell’ottica futura di questo vino non posso non riconoscergli questo punteggio.

96/100

 

CORE annata 2011

(100% Aglianico)

Risplende un rosso rubino con trame porpora.

Il naso mi porta nel ricordo olfattivo ai sentori balsamici di menta, rosmarino, eucalipto, viks vaporub, seguiti da paglia, ciliegia marasca, vinosi (odore della cantina durante la fermentazione), conserva di pomodoro, guscio duro di mandorla, iuta, per terminare con le note dolci della pelle vegetale (è la pelle lavorata che si avvicina al dolce del cuoio).

Al gusto è gioioso, con sensazioni fruttate di prugna e ciliegia un po’ confit.

Vino con non tanta struttura ma equilibrato con tannini dolci, setosi ed abbastanza larghi (4/6 +).

Abbastanza lunga è la sua persistenza aromatica intensa con finale fruttato per terminare con ricordi dolci di tabacco da pipa.

E’ un vino piacevole che si beve volentieri.

88/100

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E’ stata una grande emozione incontrare Silvia e sua figlia Gaia, visitare l’azienda e fare questa stupenda verticale.

Andare in costiera Amalfitana è un grande piacere, ci sono paesaggi stupendi e romantici, unici. Si incontrano persone veraci e piacevoli che ti fanno apprezzare ancora di più le cose meravigliose che ti circondano.

 

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