”CHAMBERTIN” DI MADAME LALOU BIZE – LEROY A FORTE DEI MARMI AL RISTORANTE “LORENZO”

Ci si potrebbe chiedere come sia pensabile di bere un pinot noir mangiando pesce. Niente di più facile!

Io personalmente non mi lascio condizionare dagli abbinamenti cibo-vino.

Ho sempre sostenuto, come sostengo anche adesso, che il pinot nero, il sangiovese, il nebbiolo, il nerello mascalese ed il nerello cappuccio possano essere bevuti piacevolmente con certe tipologie di pesce.

Sicuramente questi uvaggi non sono abbinabili alle ostriche con le quali è piacevole bere una bollicina molto sapida e minerale come anche un gruner – veltliner austriaco di Wachau.

Era un pò di tempo che non andavo al ristorante da “Lorenzo”, a Forte dei Marmi, un ristorante dove la qualità del cibo non ti delude mai.

Un tempo c’era Lorenzo che la mattina presto andava a giro, in varie località marine, a cercare il pesce, il migliore.


Adesso che Lorenzo Viani è in pensione ci sono la figlia Chiara e suo marito Matteo Tognetti che pensano agli approvvigionamenti di cibo e vino.

La squadra del ristorante e composta da tutte persone giovani, motivate e vogliose di fare. E’ un grande piacere osservare questi giovani al lavoro.

Non era pensabile, per me, immaginare, qualche anno fa, di vedere qualcuno capace di svolgere il lavoro di Lorenzo, icona del ristorante. Devo ammettere che Chiara e Matteo sono una coppia fantastica e Matteo si è rivelato un grande conoscitore di vino ed insieme a Chiara, due bravissimi manager.

Desideravo bere una bottiglia preziosa di pinot Noir, uno, Chambertin 1994 della Madame Lalou Bize – Leroy e quale posto migliore poteva essere il ristorante da Lorenzo? Questa bottiglia era la n. 240 di 870 bottiglie prodotte. Quando Matteo ha aperto la bottiglia era emozionato, il tappo era completamente bagnato dal vino ma la qualità del vino era perfetta.

Ovviamente il vino ha avuto bisogno di tempo per potersi aprire al meglio. Era come uno scrigno colmo di gioielli preziosi che nell’aprirlo, mano a mano, vedi luccicare e così è stato per il vino che con il passare del tempo, dalla sua sosta nel bicchiere, diffondeva profumi diversi e piacevoli che identificavano in parte la sua età (30 anni) ma che facevano capire la sua capacità di ulteriore invecchiamento, anche in un’annata non facile in Borgogna.

Ero in compagnia di mia moglie Sara con la quale ho condiviso questi piacevoli momenti.

Abbiamo consumato delle portate iniziando da un compliemento della cucina per poi passare a delle magrissime ostriche con le quali abbiamo bevuto un calice di champagne Dom Perignon 2002 che era sapido e riccamente minerale sia all’olfatto che al gusto, cibo – vino erano in perfetta simbiosi tra loro. Il sapore dell’ostrica non prevaricava il sapore dello champagne ma si esaltavano l’uno con l’altro.

A seguire uno spaghetto risottato con una generosissima presenza di cozze e vongole. A seguire un branzino bollito e scampi bolliti accompagnati a dei fagioli bianchi di Sorana. Abbinamento perfetto, ci siamo goduti il sapore del pesce e quello del vino. Se ripenso ai sapori sento anche adesso quelli del pesce e quelli del vino.

Per finire un fantastico croccante di mandorle che è abituale mangiare a fine pasto da Lorenzo. Giornata memorabile per la sua piacevolezza d’insieme.

Prima di passare alla note di degustazione dello Chambertin desidero parlare brevemente della Madame Lalou Bize – Leroy.

Madame Lalou Bize – Leroy chiamata anche “La regina di Borgona” è una delle donne più potenti nel mondo del vino, è una leggenda vivente, ha novantadue anni essendo nata il 3 marzo 1932. Poche sono le persone che hanno influenzato la fama dei vini di Borgogna, queste sono Henri Jayer, Anne – Claude Leflaive e Madame Lalou Bize – Leroy. Quest’ultima è responsabile di tre aziende, la Maison Leroy, Domaine D’Auvenay ed il Domaine Leroy. La Maison Leroy è puramente commerciale, infatti, acquista le migliori  uve da altri produttori e vinifica i vini. Il Domaine Leroy è stato fondato nel 1988 ed oggi conta ben 23 ettari di vigneti siti nelle migliori zone della Borgogna.

Il Domaine d’Auvenay è la casa di campagna del Lalou Bize – Leroy dove vive con suo marito. La tenuta è ubicata sulle colline dietro il pendio di Saint Romain. Si tratta di quattro ettari con produzione tesa alla grandissima qualità con rese bassissime.

Tutte  e tre le aziende sono gestite secondo principi biodinamici.

La Maison Leroy, fu fondata nel 1868 dal bisnonno di Madame Lalou. Quest’ultima all’età di 23 anni si occupava dell’attività quotidiana della cantina di famiglia. Come se ciò non bastasse la famiglia Leroy era proprietaria del 50% del Domaine de la Romanee Conti. Nel 1973 Madame Leroy gestisce insieme ad Aubert de Villaine, proprietario del 50% del D.R.C:

Nel 1992 Lalou smette di gestire il DCR insieme a De Villaine e lascia a quest’ultimo questo compito.

Oggi madame Lalou ha ridotto al 25% la sua compartecipazione nel D.R.C. lasciando il 75% a Aubert de Villaine. Ci sarebbe molto da scrivere su questa fantastica persona, ma lo spazio a me concesso non me lo consente. Prima di passare alle note di degustazione del vino devo fare alcune precisazioni sui tannini. Io sento il tannino del vino sulla gengiva superiore. La totale larghezza del tannino è 6/6, cioè tutta la larghezza della gengiva superiore. Ovviamente, se il tannino è meno largo, potrà essere per esempio 5/6 e così via. La larghezza del tannino è importante quando la qualità dello stesso è di buono o alto livello. Più il tannino è largo, più il vino è degno d’attenzione, ma il tannino, come ho precisato, dev’essere, in ogni caso, di buona qualità.

Passiamo adesso a descrivere il vino degustato.

DOMAINE LEROY

CHAMBERTIN, annata 1994

GRAND CRU A.C.

Proprietaire a Vosne Romanee – Côte d’or

bottiglia n. 240, bottiglie prodotte n. 870

Dal calice traspare rosso granato con largo bordo aranciato.

Il palcoscenico olfattivo è ampio, ricco e vario con profumi di foglie morte, humus balsamici di menta, lievi di eucalipto, rosmarino, salvia ed alloro. Il percorso prosegue con lievi tocchi di smalto di vernice, intensi di bergamotto, dolci dell’esterno della caramella “Rossana”, tamarindo, fetta di arancia essiccata, tè naturale, dolci del tabacco da pipa “Clan”, ciliegia rossa un pò candita, terra umida, liquirizia, intensi di mandarino, pepe nero, mela rossa, lemongrassa per terminare con morsi di cotognata di mela rossa.

A bicchiere vuoto si sente un lievissimo curry e polvere compatta calda di caffè appena fatto.

All’esame gustativo si sente un corpo medio, il vino si allarga in tutta la cavità orale e poi scende in verticale. Il vino ha un perfetto equilibrio gustativo infatti la freschezza che si secerne dalle parti laterali della lingua va a coprire completamente la parte centrale della lingua dove si sente l’alcol.

I tannini sono dolci, fini, larghi (6/6), inizialmente setosi per poi far asciugare e far bruciare lievemente la gengiva superiore. Lunga è la sua persistenza gustativa con finale di chinotto e tamarindo.

Bel vino al quale inizialmente avevo riconosciuto un 98/100 ma poi  rileggendo le note a causa dei tannini ho dato.                                                                                                       (97/100)

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