Queste mie riflessioni e metodologie vogliono essere un preliminare aiuto verso chi degusta il vino senza avere frequentato dei corsi tenuti da valide associazioni di sommelier oppure verso chi ha frequentato i corsi di sommelier, ma ha svolto poca pratica. Desidero preliminarmente dare un breve cenno su quella che è stata la mia storia personale sul mondo del vino. Fino all’età di 18 anni ero astemio, successivamente mi sono avvicinato al vino grazie a mia moglie, allora fidanzata, ed ho incominciato ad annacquarlo. Per i primi anni successivi ho comprato delle bottiglie di Chianti classico e qualche vino francese, emozionandomi nel vedere le etichette delle bottiglie, ma senza sapere come si degustava il vino. Avere davanti una bella bottiglia stapparla e berla, senza capirla a pieno, ha poco senso. Successivamente, nel 1998, su consiglio dell’amico Armando Sacchettini ci iscriviamo ad un corso di sommelier ed iniziamo il nostro piacevole percorso formativo. Il primo corso è il più importante dei tre perché ha ad oggetto la tecnica di degustazione del vino. Il vino si degusta visivamente, olfattivamente e gustativamente. Ciò sta a significare che ogni senso ti fa capire lo stato del vino, la maturazione dell’uva al momento della vendemmia, la sua conservazione e la sua evoluzione. È incredibile quanto un bicchiere di vino riesca a comunicarti se lo sai interpretare e capire. Già dalle prime lezioni il mio approccio con il vino è stato diverso, ho incominciato a capire tante cose che prima ignoravo completamente. Il percorso non è semplice ma complesso, piacevolmente complesso, è ricco di emozioni, di sensibilità e piacevolezza. Più ci si addentra nel mondo della degustazione più si diventa critici e difficili da accontentare. Frequentare un corso di sommelier e poi diventare sommelier non è sufficiente, come ho sempre detto e continuerò a sostenere, perché lo stappare le bottiglie ed assaggiare è indispensabile. Teoria e pratica sono il connubio perfetto, non ci può essere l’uno senza l’altro. Diventare sommelier è un traguardo importante ma è l’inizio di un lungo percorso. Purtroppo si incontrano tanti sommelier che pensano di essere arrivati e di conoscere perfettamente il bicchiere di vino che hanno davanti. Una dote importante, secondo il mio pensiero, è che un degustatore abbia l’umiltà di sapere che, come nella vita, non si finisce mai di imparare. C’è sempre qualcosa che altri, che sanno anche meno di te, riescono a comunicarti, e ad arricchire il tuo sapere. Ci sono anche delle qualità personali che il degustatore deve avere, qualità che non si improvvisano ma che sono nella sua persona sin dalla nascita. Un amico pittore mi diceva che con l’insegnamento si riesce a far dipingere anche chi disegna in modo infantile. Ciò è difficile, per me, da immaginare visto che disegno come un bambino dell’asilo. Nel mondo della degustazione del vino sinceramente si può imparare, ma ci deve essere anche una notevole predisposizione e sensibilità che non tutti hanno. Non è affatto semplice degustare un vino analizzandolo attentamente in tutti i suoi sensi. Conosco diversi degustatori professionisti che degustano il vino con molta presunzione e superficialità. Innanzitutto il degustatore non deve bere il vino ma lo deve espellere poiché se non lo si fa dopo dieci assaggi non si è più lucidi e capaci. Non è possibile poi degustare il vino con un solo assaggio. È necessario assaggiare lo stesso vino quattro o cinque volte perché solo così si riesce ad analizzarlo con tutte le sue doti, virtù e difetti. Talvolta qualcuno dice che espellere il vino non ti permette di degustarlo completamente. Ciò non è vero. All’inizio io bevevo il vino e vi posso pienamente garantire che quando invece ci si addestra ad espellerlo si guadagna in salute, lucidità ed obiettività. Se si vuole degustare bene un vino lo si deve analizzare attentamente in particolare modo tenendo ben presente l’equilibrio gustativo, basilare elemento per giudicare un vino. L’equilibrio gustativo è imprescindibile. Ho degustato tantissime volte con degustatori di qualsiasi notorietà rendendomi conto che non davano assolutamente importanza all’equilibrio gustativo. Una volta imparate le nozioni basilari si deve continuare a stappare le bottiglie ad assaggiare scrivendo ogni volta le proprie note degustative. Io ho montagne di appunti che contengono le mie note di degustazione. Successivamente al primo corso, nel 1999, ho frequentato il secondo e nell’anno 2000 mi sono diplomato sommelier. Ero all’inizio del mio percorso formativo, avevo le basi per incominciare ad apprendere sul campo. Nel Novembre del 2003 ho avuto la fortuna, nella vita ci vuole sempre anche questa, di essere chiamato da Francois Mauss presidente del Grand Jury Europeen a sovraintendere, con funzioni notarili, la regolarità delle degustazioni bendate che si sarebbero svolte a Marina di Castagneto Carducci, presso l’hotel Tombolo. Il Grand Jury Europeen a quel tempo era composto da 29 degustatori di tutto il mondo per poi nel tempo sono diventati una quarantina. Quando ricevetti la telefonata da Paolo Valdastri, direttore dell’associazione dei vini della costa che pensò a me sia come degustatore che per il fatto che sono avvocato. Ero felicissimo, avevo sentito parlare del Grand Jury Européen, con sede operativa a Bordeaux ed era un mio grande desiderio riuscire ad entrare e farne parte, anche come degustatore, poiché diversamente non mi sarebbe interessato parteciparvi. È stata un’esperienza importante sotto tutti gli aspetti. L’hotel Tombolo era ed è di proprietà della famiglia Antinori, ricordo che il Marchese Piero Antinori, che era presente all’evento, in quell’occasione mi fece l’onore di chiedermi di dargli del tu. Rimasi onorato di avere questo privilegio. Durante le cinque sessioni, all’apertura delle bottiglie, odoro, di solito, circa cinquecento tappi di sughero al fine di esprimere un mio preliminare parere sulla qualità dei vini da degustare. Normalmente di ogni etichetta di vino vengono stappate due bottiglie e se vanno bene vengono miscelate tra loro e messe in una bottiglia magnum in modo che tutti i degustatori abbiano lo stesso vino. Questo è il motivo per cui i tappi erano circa cinquecento. Una precisazione importante è il limite del numero dei vini da assaggiare in un giorno. Secondo me cinquanta vini da degustare in un giorno sono tanti se ciò si ripete per qualche giorno. Non riesco ad immaginare come una persona normale possa degustare attentamente 150/200 vini per persona. Per me questo è impensabile. Tanto e bene è un binomio, per me, inaccettabile. E’ necessario sapere bene cosa è l’equilibrio gustativo. Ho sentito vini valutati 100/100 completamente privi di equilibrio gustativo con alcool che dominava la freschezza, ma di questo parleremo più avanti. Frequentare il Grand Jury Européen mi è servito molto; ho fatto tanta gavetta. Alle sette di mattina ero già pronto per i preparativi per poi degustare i vini mattina e pomeriggio e terminare il mio lavoro verso mezzanotte, scegliendo i vini per il giorno dopo. Che emozione vedere tante bottiglie di vino importanti di tutto il mondo. Vini blasonati, degustati alla cieca, che venivano giudicati senza condizionamenti di etichetta. Ci sarebbe molto da scrivere sulle mie esperienze di degustare in seno al Grand Jury Européen. Tutto questo per dire che la pratica è essenziale come lo è la memoria e cioè ricordare il più possibile vini e annate degustate. Quando sono davanti ad una bottiglia particolare da degustare sono emozionato. Sono amante anche della buona cucina ma se mi mettete davanti un vino importante o interessante da degustare ed un piatto magnifico per me è importante solo il vino. Ogni volta è un’esperienza unica, un’emozione, la mia bramosia di conoscere ed imparare si rinnova continuamente. Veniamo adesso ad analizzare il vino. Il vino va analizzato nel seguente ordine visivo, olfattivo e gustativo. Può accadere che il vino sia molto espressivo al naso ma abbia seri problemi gustativi. L’ideale è che il vino vada bene per tutti e tre i sensi che andrò ad esporre. Prima di esaminare visivamente il vino è bene sapere che c’è la fase di estrazione del tappo di sughero, a meno che non ci sia il tappo a vite che sotto questo aspetto da problemi zero. Mi sono abituato ad odorare il tappo con velocità ed il mio responso è immediato. Può succedere ma è raro che il tappo sia perfetto, ma che poi il vino, messo nel bicchiere, abbia sentori di tappo. Quando il tappo odora di sughero, ci sono problemi, mentre, quando i profumi sono diversi, normalmente il vino va bene. Importante è anche vedere lo stato di conservazione del tappo. Può accadere di trovare il tappo che rimane accanto al collo della bottiglia e questo non è un fatto positivo perché significa che la bottiglia non è stata tenuta in un ambiente sufficientemente umido e pertanto si è seccato. Il vino non avrà le qualità del vino ben conservato.
Passiamo pure all’esame visivo del vino che permette di capire come sono state la vinificazione e la conservazione, l’età del vino e l’alcool. Tramite l’esame visivo che è il primo approccio del degustatore con il vino si ha modo di esaminare il colore, la brillantezza e l’intensità. Per esaminare il vino è necessario inclinare il bicchiere e metterci sotto il bianco (foglio o qualsiasi oggetto). L’esame visivo cambia a seconda della tipologia del vino. Inclinando di più il bicchiere si è in grado, guardando il cuore del vino, cioè la parte centrale, di vedere l’intensità del colore, mentre guardando la parte alta si notano le sue sfumature. Roteando lentamente il bicchiere sulle pareti si formano delle lacrime o degli archetti che ci permettono di capire la struttura del vino e la sua densità. La limpidezza non è indice di qualità del vino. Ci sono dei vini che hanno poca limpidezza, ma una grande qualità ed altri vini che hanno tanta limpidezza ma poca qualità. In stretta connessione con la limpidezza c’è la trasparenza. Se un vino è ricco di materia colorante sarà meno trasparente ed un vino meno ricco sarà più trasparente. Per esempio sarà difficile vedere la limpidezza in un vino come il porto che è, per sua tipologia, intenso di colore.
Per ovviare a certi problemi di limpidezza si può ricorrere, prima dell’imbottigliamento, alla filtrazione del vino. Ci sono certi produttori che volutamente non procedono alla filtrazione non curandosi della limpidezza e preferendo lasciare il vino così com’è stato vinificato. Ci sono dei vini che hanno una propria luminosità in quanto privi di particelle in sospensione ed altri vini che sono brillanti. Questi ultimi, sono quelli che hanno la anidride carbonica (CO2). Le bollicine rifrangono i raggi di luce attraverso la sostanza coloranti rendendo il vino brillante.
Il vino prende principalmente il colore dalla buccia dell’acino e parzialmente dai vinaccioli delle uve.
Più il mosto resta a contatto con le bucce ed i vinaccioli più il vino prende colore.
La vinificazione in bianco è quella in cui c’è la immediata separazione della parte solida del mosto da quella liquida. Succede per esempio che le uve rosse vengano vinificate in bianco e quindi saremo di fronte ad un vino di colore bianco. Un esempio è dato dal Pinot Nero che può essere vinificato in bianco (Blanc de Noir). Il segreto è quello di far si che il mosto non resti a contatto con le bucce ed i vinaccioli, questo anche durante la fase della compressione degli acini, poiché più si preme l’acino e più si ottiene il colore.
La vinificazione in rosso è quella fatta per ottenere con uve a bacca nera, sia vini rosati con parziale macerazione che vini rossi con fermentazione a contatto con le bucce ed i vinaccioli.
Si possono ottenere i vini rosati anche con uve a bacca bianca quali per esempio quelle del Pinot Grigio.
Per il colore è importante una fermentazione più lunga, la temperatura, il numeroso dei rimontaggi e la quantità di anidride solforosa.
L’esame visivo è importante anche perché permette di capire se il colore del vino rispetta la tipologia dello stesso.
Un vino bianco potrà avere un colore giallo oro con riflessi verdognoli, il primo nel rispetto della materia colorante, il secondo testimonia la freschezza del vino. Per esempio un Sangiovese in purezza, di una decina di anni (dipende dall’annata) avrà colore rosso granato a conferma del vitigno, con bordo più o meno aranciato, a conferma della sua maturità.
E’ importante tenere conto della concentrazione del colore, della sua tonalità e dell’insieme dei due.
Un vino intenso di colore può esserlo perché c’è stata una buona estrazione, una resa debole, vigne vecchie ed una vinificazione ben riuscita.
La tonalità di colore ci fa capire lo stato evolutivo del vino.
Nei vini bianchi giovani riscontriamo tonalità più o meno verdoline e grige, in quelli meno giovani passiamo ad un giallo dorato per arrivare alle tonalità brune con vini ossidati o maderizzati. I vini rossi giovani hanno riflessi porpora per arrivare al colore aranciato nei vini più vecchi.
La vivacità del colore rappresenta un insieme di indici tra cui, la buona tecnica di vinificazione, lo stato ottimale delle uve utilizzate e quanto altro.
I vini rosati si possono ottenere in tre modi diversi.
Il primo è quando si utilizzano uve con poca materia colorante quali per esempio il Grignolino, il secondo è quando si usano uve bianche (Pinot Grigio) e nere oppure, per me, meglio ancora quando si utilizzano uve nere moderatamente pressate e macerate.
I vini rosati che hanno un tono aranciato sono sinonimo di poca freschezza e quindi di troppa evoluzione.
Quando il vino bianco ha tonalità giallo verde significa che ha più acidità che morbidezza (glicerina ed alcool), in conseguenza del fatto che sono state utilizzate uve raccolte in anticipo oppure del fatto che il vino ha avuto chiarificazioni e filtrazioni prima del suo imbottigliamento.
Mano a mano che passa del tempo, il vino invecchia ed il verdolino tende a diminuire.
Quando il vino bianco ha colore giallo paglierino significa che l’acidità e la morbidezza sono in buon equilibrio tra loro. Ciò sta a significare che le uve vendemmiate hanno una buona maturazione ed un buon rapporto di acidi e zuccheri.
Il vino di colore giallo dorato normalmente è sintomo di morbidezza che supera l’acidità. Può però essere anche l’uso del legno che da al vino questo colore. Non è mai positivo quando la morbidezza (e quindi anche l’alcool) supera la freschezza perché questo significa che il vino non è equilibrato. Per me la freschezza e cioè la salivazione della lingua deve superare l’alcool ossia il bruciore che si sente nella parte centrale della lingua.
Quando il vino bianco è di colore giallo ambrato significa che presenta un eccesso di ossidazione e che la morbidezza travolge l’acidità.
Passo adesso ad esaminare il colore rosa.
Il rosa leggero che assomiglia ai petali di rosa, di solito, si ottiene con una moderata pressione degli acini e con una vinificazione con limitato contatto del liquido del mosto con le bucce delle uve a bacca nera.
Quando invece il vino ha riflessi che ricordano la buccia di cipolla od il rame si pensa all’utilizzo di uve a bacca bianca quali ad esempio il Pinot Grigio.
Il rosa delle ciliegie griottine o di ciliegia di colore chiaro in generale o di salmone, denota un vino rosato e denota il grado di maturazione.
Il rosa con riflessi gialli o di buccia di cipolla manifesta la stanchezza del vino e la perdita di freschezza.
Passando ai vini rossi, il primo ad essere analizzato è il colore del vino molto giovane che ha acidità e tannicità che dominano la morbidezza. Il colore è viola ricorda la veste cardinalizia. Si può anche definire un rosso carico con lampi violacei.
Altro colore è il rosso rubino che è sempre di un vino giovane che visivamente sembra avere acidità, tannini e morbidezza in equilibrio tra loro. Ovviamente ci deve essere la conferma gustativa poiché questo assunto è puramente teorico.
Quando il vino ha un colore simile alla pietra rubino, significa, in linea di massima, che il vino è pronto per essere bevuto.
Il colore rosso granato è tipico del vino con medio invecchiamento e l’asse acidità, tannicità e morbidezza, in teoria, dovrebbe pendere più su quest’ultima.
C’è da augurarsi che il gusto non confermi questo assunto perché se così fosse il vino non sarebbe ben equilibrato poiché la freschezza ed il tannino devono essere sempre superiori alla morbidezza includendo, in questa ultima, anche la massa alcoolica.
Il rosso aranciato o color mattone è tipico dei vini molto vecchi che hanno normalmente la morbidezza che domina la tannicità e l’acidità, salvo verifica gustativa.
Anche questa non è una regola assoluta. Se un vino giovane ha questo colore vuol dire che ha avuto problemi di conservazione.
Tornando alla fluidità del vino si deve tenere presente che il vino versato nel bicchiere può dare archetti fitti quando l’etanolo supera il glicerolo e ciò significa che è più alcoolico, mentre sono più larghi quando il glicerolo supera l’etanolo (meno alcoolico).
Più il vino scende lentamente più significa che la morbidezza supera la durezza e cioè che l’alcool è ben presente.
Per contro se il vino scende come fosse acqua significa che è carente di tutto.
In ogni caso ci deve essere rispondenza gustativa. Ci possono essere vini ben strutturati ma poco equilibrati al gusto come ci possono essere vini non tanto strutturati, ma ben equilibrati e cioè vini che hanno una freschezza che domina la massa alcoolica.
Per quanto riguarda i vini con effervescenza è importante distinguere quelli con anidride carbonica (CO2) naturale da quella artificiale.
La prima si forma durante la prima fermentazione che è quella alcoolica (trasformazione degli zuccheri in alcool) (metodo classico e champenoise) mentre la seconda è quella con aggiunta artificiale (metodo chardonnay).
L’anidride carbonica è importante poichè è un gas naturale che si produce durante la fermentazione alcoolica, mentre quella artificiale è come quella che si addiziona alle bibite. La qualità delle bollicine, in particolare modo nella fase gustativa, è ben diversa.
La bollicina è importante sia durante l’esame visivo che durante quello gustativo.
E’ ovvio che per un esame visivo della bollicina ci deve essere un bicchiere adeguato che ne permette la perfetta visione.
L’analisi delle bollicine parte dalla loro dimensione, più fine è meglio è, dal numero, più numerose sono e meglio è, ed infine dalla persistenza cioè per quanto tempo le bollicine continuano a prodursi.
La bollicina ideale è finissima numerosissima e persistente. Successivamente le bollicine vengono esaminate sotto l’aspetot gustativo. Chi soffre di reflusso gastrico è sicuramente intollerante ai vini prodotti con il metodo charmant poiché le bollicine sono piuttosto vivaci ed aggressive nello stomaco. Questo aspetto avremo modo di analizzarlo nell’esame gustativo.